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Cos'è la vulvodinia ? storia di una patologia poco conosciuta.

Vulvodinia significa semplicemente dolore della vulva; "dinìa" significa infatti proprio "dolore". Per vulvodinia si intende una sindrome che coinvolge le termina­zioni nervose dei genitali esterni femminili creando dolore e bruciore spontaneo o pro­vocato, con grande disagio nella quotidianità (camminare, indossare indumenti aderenti, andare in bici­cletta, fare attività fisica, mantenere la posizione seduta, etc.) e nel rap­porto di coppia (rapporti sessuali impossibili o dolorosi), e può essere associata a problemi urinari, intestinali e muscolo-scheletrici. Tale malat­tia ha, pertanto, un impatto invalidante sulla vita relazionale e sociale della donna e sulla sua capacità riproduttiva che può essere temporaneamente o permanentemente com­promessa . E' una patologia poco conosciuta dallo stesso personale medico-sanitario anche se non si tratta di una malattia rara: una recente revisione della letteratura scientifica fissa la prevalenza della malattia tra il 12 e il 16% della popolazione femminile*. Ma pensate, la prima definizione di vulvodinia è del 1880: "eccessiva sensibilità dei nervi della mucosa di alcune porzioni della vulva.. talora confinata nel vestibolo", la seconda è del 1888 "malattia caratterizzata da supersensibilità della vulva.. non è visibile alcuna manifestazione esterna della malattia.. quando le dita toccano le parti iperestesiche la paziente lamenta dolore, qualche volta così forte che piange". Poi nessuna citazione di questa malattia compare nei testi di medicina per più di 50 anni.  Nel1975 al Congresso Mondiale della Società Internazionale per lo Studio delle Malattie Vulvovaginali (ISSVD) si descrive per la prima volta la vulvodinia come “sindrome della vulva che brucia”. Oggi la definizione è: "fastidio vulvare spesso descritto come bruciore, dolore o dispareunia, in assenza di alterazioni obiettive visibili o di specifici disturbi neurologici clinicamente identificabili, della durata di almeno 3 mesi". In realtà essa è a tutti gli effetti una sindrome, da cui anche l'acronimo di SVV, Sindrome VulvoVestibolare. Una sindrome infatti è per definizione una serie di sintomi che si presentano più o meno contemporaneamente. Il termine sindrome deriva infatti dal greco συνδροµÎ® (“con-corsa”, “correre insieme").

*(1)Graziottin Alessandra, Murina Filippo, Vulvodinia. Strategie di diagnosi e cura, I edizione, Milano, Springer Verlag Italia, 2011, pp. 1-4.

I sintomi del dolore vulvare

I sintomi sono vari e diversi: bruciori in punti localizzati, sensazioni atipiche come sensazione di punture di spillo, calore, scosse elettriche o spasmi vulvari o vaginali, coltellate, gonfiore o prurito, tutto in assenza di alterazioni visibili o di natura infettiva. Il dolore può aumentare stando seduta e comportare problematiche di natura sessuale rendendo difficoltoso o impossibile i rapporti.  La vulvodinia è una sindrome con specifiche cause organiche e tutt'ora sono ancora in corso studi e trials per scoprirne a fondo i meccanismi. Interessando l'area genitale, piuttosto che una spalla o una gamba, ancora più fastidioso resta spesso affrontare ed esporre il problema. Pensate che il ritardo diagnostico medio per la vulvodinia è di ben quattro anni* !

I sintomi possono essere localizzati alla zona esterna dell'introito vaginale ed in questo caso si parla di vestibulodinia oppure possono essere generalizzati a tutta la vulva.

La sindrome viene classificata in rela­zione a due aspetti fondamentali: la sede e le caratteristiche dei disturbi. Si definisce una forma localizzata dove i sintomi sono presenti in una zona circoscritta della regione vulvare. Nella maggior parte delle pa­zienti (80% circa) è interessato il vestibolo vagi­nale, area d’ingresso alla vagina ed in questi casi si parla di ve­stibulodinia. La vulvodinia localizzata, sep­pur raramente, si può ritrovare anche in altre regioni vulvari, come ad esempio il clitoride (clitoridodinia). La malattia può interessare anche gran parte della regione vulvare (vul­vodinia generalizzata), perineo e zona anale. Quando i disturbi sono evocati da stimolazione, contatto, sfregamento e pene­trazione vaginale, si parla di vulvodinia pro­vocata. Nelle pazienti dove i sintomi sono quasi sempre presenti, indipendentemente dalla stimolazione, si parla di vulvodinia spontanea. 

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*Graziottin A, Il ginecologo e la dispareunia In: Leiblum S.R. Rosen R. (Eds), Principi e pratica di terapia sessuale, Edizione italiana aggiornata a cura di Alessandra Graziottin, CIC Edizioni Internazionali, Roma, 2004, pp. 248- 267

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Vestibolodinia
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Vulvodinia

Le cause del fastidio

Le cause del fastidio possono essere molteplici e diversamente riconducibili ad alterazioni del processo sensoriale che rileva e convoglia i segnali e le sensazioni di dolore sia spontanei che procurati.

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Traumi e microtraumi.

1 - Pantaloni con cavallo troppo stretto, che provocano uno sfregamento dei tessuti creando infiammazione cronica.

2 - Alcune attività sportive, quali bici/cyclette/spinning, equitazione, etc. che pure creano sfregamento dei tessuti con la cute.

3 - Un rapporto sessuale in assenza di lubrificazione e/o con l'elevatore dell'ano contratto. Ciò provoca microlesioni muscolari che a loro volta producono un ipertono cronico muscolare.

 

Cause infettive e/o infiammatorie croniche:

1) problematiche infiammatorie o infettive croniche, anche se curate o non più presenti  (esame colturale negativo), come vulvovaginiti da candida recidivanti, infezioni batteriche o virali (incluse quelle da HPV). 

2) la neuropatia del pudendo, nasce a causa di un’infiammazione, uno stiramento, un intrappolamento o una lesione del nervo del pudendo. E’ una sindrome rara e molto dolorosa. Le manifestazioni dolorose legate alla neuropatia del pudendo possono interessare: il clitoride, l’uretra, il vestibolo, le labbra, fino ad arrivare all’ano. Il dolore si irradia quindi in tutta l’area della vulva o in alcune di queste (le aree colorate).

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Cause dovute ad agenti chimici:

1 - L'urina, perché la sua acidità può essere molto irritante, soprattutto in cute che soffre di secchezza.

2 - Saponi soprattutto neutri o basici (la maggioranza in commercio), ma anche l'uso di detergenti intimi (anche se a pH fisiologico), che vanno assolutamente evitati.

3 - Il cloro delle piscine, il sale del mare.

4 - Sostanze chimiche dei medicinali a uso topico spalmati in loco, anche a seguito di terapie prescritte per il bruciore, quali per es. i cortisonici o per infezioni.

5 - Coloranti dei vestiti.

6 - Moltissimi lubrificanti vaginali.

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Cause ormonali: 

Fluttuazioni ormonali possono influenzare molto la vulvodinia. Appaiono interessati gli estrogeni che nella fase premestruale in cui i sintomi possono peggiorare (ma non è detto), siano in grado di iperattivare i mastociti, i quali libererebbero sostanze proinfiammatorie, contenute nelle loro vescicole, in maggior quantità. In tal caso si parla di "vulvite ciclica".

 

​Agenti legati al partner.

1 - Trasmissione di infezioni.

2 - "Intolleranza allo sperma" per azione irritante di eventuali sostanze infiammatorie veicolate.

3 - Dimensioni o forme atipiche (curvature) del pene.

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Contrattura pelvica ? 

L'ipertono del muscolo elevatore dell’ano (piano muscolare  del pavimento pelvico che circonda la vagina, la vulva e il retto), può essere primario, quindi causa della vulvodinia, oppure secondario, cioè provocato dal dolore vulvare (che a sua volta, in un circolo vizioso, provoca vulvodinia!). Questo perché tutti i fattori scatenanti della vulvodinia finiscono per provocare una iperattività dei mastociti (cellule periferiche localizzate nel derma vicino a vasi sanguigni) e delle terminazione nervose. Ciò determina:

1) il rilascio di sostanze infiammatorie nel tessuto circostante: ciò provoca contrazioni di difesa della donna e quindi contrazioni della muscolatura del pavimento pelvico portando ad un costante ipertono; L'ipertono (cioè la questa muscolatura sempre contratta) a sua volta alimenta, peggiorando la sintomatologia dolorosa.

2) alterazioni delle strutture nervose con una crescita disordinata ed inopportuna di nuove terminazioni nervose; ciò è causa di una sensibilità aumentata e patologica della vulva che a sua volta aumenta ed alimenta la vulvodinia per cui la donna inizia a percepire dolore anche in presenza di stimoli minimi (allodinia).

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La diagnosi

Il test che si effettua per la diagnosi è lo Swab Test, che consiste nel toccare con la punta di un cotton fioc (inglese swab) specifici punti della vulva, azione che in caso di vulvodinia provoca una netta sensazione dolorosa e/o di bruciore sproporzionata. E' utile prima di iniziare una terapia che la pazienti effettui una scala di valutazione del dolore, che sia numerica (la NRS) o visiva per comparare l'intensità del sintomo iniziale con quello post terapia. Io utilizzo la Numerical Rating Scale. Si tratta di una scala numerica unidimensionale quantitativa di valutazione del dolore a 11 punti; la scala prevede che l’operatore chieda al malato di selezionare il numero che meglio descrive l’intensità del suo dolore, da 0 a 10, in quel preciso momento. La domanda classica è: “Se 0 significa nessun dolore e 10 indica il peggiore dolore possibile, qual è il dolore che prova ora?”. 

La terapia

E' multidisciplinare. 

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Approccio farmacologico.

Le cause della vulvodinia come ho descritto sono tante, per questo non c’è un trattamento unico e standardizzato per tutte le pazienti, ma deve piuttosto essere mirato e personalizzato.
Diversi studi scientifici hanno dimostrato come il trattamento della sintomatologia tipica della vulvodinia possa portare a una sua risoluzione specie se inserito in un percorso multifattoriale in cui l’approccio farmacologico è accostato a altre metodiche, a seconda della differente sintomatologia riportata dalla paziente.
I farmaci spesso accostati alla cura della vulvodinia sono quelli che agiscono sui mediatori del dolore e sono i tipici farmaci utilizzati per le patologie neuropatiche. La maggior parte di questi farmaci appartengono alla classe degli antidepressivi ma sono utilizzati a dosaggi inferiori e comunque diversi per agire sul sistema nervoso perché è lì che avviene la disfunzione, sia nei disturbi neuropatici che in quelli psichiatrici, seppur si tratti di una disfunzione con delle cause differenti negli uni e negli altri casi.

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I protocolli terapeutici utilizzati sono:

  • Creme ormonali da applicare localmente (ad esempio, contenenti estrogeni, testosterone); anestetici locali; creme ad applicazione locale (ad esempio, anticonvulsivanti, antidepressivi, modulatori del segnale); 

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  • Mediatori del dolore come antidepressivi triciclici, inibitori della ricaptazione della serotonina-noradrenalina, anticonvulsivanti, oppioidi.

 

  • Integratori nei casi di un’iperattività dei mastociti.  Normalmente l’organismo cerca di riequilibrarla producendo delle sostanze endogene chiamate PEA che, al bisogno, i tessuti producono quando sono esposti a danni di varia natura. Alcune donne, verosimilmente, non riescono a produrre queste sostanze in maniera fisiologicamente sufficiente in casi di stimolo doloroso cronico per cui in questi casi è utile una implementazione orale dei PEA per alcune settimane. 

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Dieta.

È anche importante una corretta dieta alimentare. Bisogna scegliere alimenti che non esacerbano i sintomi dolorosi come ad esempio quelli ricchi di ossalato di calcio e assumere invece quei nutrienti che possono alleviare la sintomatologia.

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Approccio riabilitativo.

Da tutto ciò che ti ho spiegato avrai capito che questa patologia si accompagna molto spesso anche all'ipertono dei muscoli del pavimento pelvico. La contrazione è una risposta difensiva a un’infiammazione in corso, quando questo stato è mantenuto per lungo tempo comporta l’indebolimento dei muscoli stessi: un muscolo perennemente contratto è un muscolo che non lavora anche se sembrerebbe il contrario, di conseguenza non si ossigena efficacemente e non si rilassa mai. In parole povere, non svolge correttamente la sua funzione.
Questo crea anche a livello cerebrale (e quindi a livello di controllo muscolare) una sorta di corto circuito: il cervello assume che lo stato contratto sia quello di default. Tipico di questo stato è l’incapacità nelle pazienti di rilassare volontariamente i muscoli. Anzi, in alcune avviene una vera e propria inversione del comando: si contrae ulteriormente il muscolo quando si cerca (e si ha percezione) di rilassare. 
Questo è fonte di ulteriore difficoltà per i rapporti sessuali e la penetrazione che è da evitarsi per il rischio di creare (altre) lesioni microtissutali.
L’ipertono non danneggia soltanto i tessuti muscolari ma anche i nervi e i vasi sanguigni che decorrono all’interno di tali muscoli: la contrattura soffoca tutti i tessuti, non permette una corretta ossigenazione e sollecita di continuo le terminazioni nervose periferiche concorrendo a un fenomeno noto come “sprouting”. Con lo sprouting è come se le terminazioni nervose andassero in tilt: si convincono che la zona sia danneggiata e si attivano al fine di controllarla meglio.
Per questo motivo è necessario l’intervento di uno specialista della riabilitazione in grado di sciogliere la muscolatura e permettere al pavimento pelvico di riprendere la sua funzionalità. La Dott.ssa Angela Prezioso, ostetrica che fa parte del mio staff potrà darti tutti i consigli più utili a questo scopo. 

La riabilitazione della muscolatura del pavimento pelvico significa rieducazione al rilassamento la muscolatura pelvica ipercontratta. A questo scopo sono lieto di poter offrire presso il mio studio iI modo più semplice e veloce per effettuare la rieducazione del pavimento pelvico: la "Pelvic Chair". 

 

 

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​​La Pelvic chair è uno strumento, letteralmente una poltrona, che si basa sull’utilizzo di impulsi elettromagnetici focalizzati e per contrarre in maniera automatica i muscoli pelvici. Durante il trattamento, la paziente resta comodamente seduto sull’applicatore a poltrona, rimanendo vestita, mentre lo strumento agisce direttamente sulla riabilitazione del pavimento pelvico. Una singola sessione comporta più di 12000 contrazioni muscolari sovramassimali del pavimento pelvico, cioè contrazioni più intense di quelle che si potrebbero raggiungere con l'esercizio fisico. La riabilitazione del pavimento pelvico era prima d'ora affidata ad esercizi di fisioterapia secondo Kegel, ma è chiaro come la Pelvic chair sia capace di integrare i trattamenti fisioterapici velocizzando in maniera impareggiabile la terapia. Si tratta di un'apparecchiatura molto costosa, e per questo molto poco comune sul nostro territorio, ed è proprio per questo motivo che ho deciso di acquistarla e di metterla a disposizione delle mie pazienti. Durante la seduta il paziente percepirà la sensazione di formicolio e contrazioni dei muscoli pelvici e, senza avvertire alcun dolore o disagio, al termine, potrà riprendere immediatamente le sue attività quotidiane. Un trattamento tipico di riabilitazione del pavimento pelvico con Pelvic Chair dura 28 minuti e, per ottenere dei risultati concreti, si consiglia di sottoporsi ad un numero minimo di 8-10 sedute, due volte a settimana. Le sedute si effettuano comodamente vestite. Associata alla terapia locale e farmacologica la riabilitazione del pavimento pelvico rappresenta la migliore soluzione possibile per i casi con ipertono del pavimento pelvico.

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​Elettroporazione. E' una metodica che utilizza un'apparecchiatura che attraverso dei piccoli campi elettrici rende la mucosa vulvovaginale più permeabile alle sostanze farmacologiche. 1-2 sedute settimanali sono utilissime nei casi di elevata sensibilità al dolore.

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Elettrostimolazione antalgica TENS: la TENS (acronimo di Transcutaneous Electrical Nerve Stimulator, "stimolatore elettrico transcutaneo dei nervi") è una metodica terapeutica di applicazione di correnti elettriche a basso voltaggio attraverso la cute. Viene utilizzata una sonda da inserire in vagina.

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Terapia del blocco dei gangli: prevede un ciclo di sedute durante le quali viene effettuata una serie di punture di anestetico nei “centri nervosi” direttamente coinvolti nella SVV, al fine di bloccarli e, dunque, riprogrammarli. L’anestetico blocca: 1) Il ganglio impari (o ganglio di Walther), attraverso un’unica iniezione nella zona sacro-coccigea: subito dopo il blocco, la donna percepisce un immediato sollievo, un senso di benessere e rilassamento vaginale e generale; 2) Il nervo pudendo, attraverso due iniezioni nella zona inguinale vicino ai glutei: allevia soprattutto il dolore vulvo-vaginale; Le radici sacrali, mediante tre-sei iniezioni nella parte lombare: anche in questo caso, il blocco contribuisce a ridurre il dolore. Le iniezioni sono relativamente fastidiose ma ben tollerate e rapide se eseguite da mano esperta. Generalmente dopo la prima seduta di blocchi l’effetto antidolorifico dura non più di cinque o sei ore, ma con le sedute successive si allunga progressivamente, fino a quando il dolore non ricompare più, indice che il sistema nervoso è stato “rieducato”. Sembra che i blocchi ripetuti siano in grado di ridurre via via quell’eccesso di innervazione nella zona responsabile di bruciore e/o dolore allodinico.

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Terapia infiltrativa vestibolare: l’infiltrazione vestibolare di cortisonici associati ad anestetici locali si è dimostrata utile in forme molto localizzate a livello vestibolare. L’infiltrazione porta il farmaco nella sottomucosa. In aggiunta, vi sono alcune semplici norme comportamentali molto utili per ostacolare l’insorgenza di una patologia cronica dolorosa su base infiammatoria come: 

indossare biancheria intima di cotone e bianca;

evitare vestiti stretti;

evitare detergenti invasivi; 

evitare assorbenti o salvaslip al di fuori del ciclo mestruale;

evitare in modo assoluto la depilazione.

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Approccio di supporto.

In donne stremate dai sintomi e con una sfera sessuale solitamente compromessa l'apporto della psicoterapia consente di aiutare le pasienti a:

  1. gestire gli aspetti psicologici legati alla malattia;

  2. individuare il ciclo del dolore. I fattori psicologici, infatti, possono causare un’iperattività muscolare in risposta a uno stress psicologico che tende ad accentuare ulteriormente il dolore;

  3. accompagnare la donna a individuare ed elaborare eventuali esperienze traumatiche e difficoltà psicosessuali che possono aver generato la malattia e che spesso contribuiscono al suo mantenimento;

  4. aiutare la donna ad alleviare e gestire il dolore;

  5. aiutare la sfera sessuale, perché a causa della vulvodinia spesso si creano tensioni emotive e sessuali che possono portare a un allontanamento tra i partner.

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Poltrona ad impulsi elettromagnetici focalizzati
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